Huawei e Samsung, chi la spunta in Italia?
Di Daniele GrattieriÈ guerra di cifre tra Huawei e Samsung per quanto riguarda la penetrazione dei loro smartphone tra i clienti italiani: se la casa sudcoreana è stata saldamente al comando negli ultimi anni (per l’esattezza dal 2011), grazie non solo alla qualità dei suoi modelli ma anche alla varietà dei prodotti disponibili, ora Huawei – in assoluto uno dei produttori che più ha fatto il salto di qualità in tempi recenti – sostiene di aver effettuato il sorpasso.
Secondo il Kantar Worldpanel relativo al terzo trimestre 2016, Samsung avrebbe infatti dimezzato le vendite rispetto a un anno fa: colpa sicuramente anche del disastro d’immagine derivato dalle esplosioni del Galaxy Note 7, e che con tutta probabilità colpiranno ancora più duro durante il quarto trimestre, quando effettivamente Samsung ha dichiarato chiusa l’esperienza di un modello sfortunato.
Ne ha approfittato Huawei, che tra P9 e Mate 9 ha conquistato moltissimi clienti, pronti ad abbinare lo smartphone a una tariffa conveniente per la telefonia mobile (come quelle che si possono trovare su SosTariffe.it) e ha sfruttare le caratteristiche avanzate di questi modelli. Che Huawei sia ambiziosa del resto non è un mistero, considerando che ha più volte dichiarato di puntare alla leadership mondiale del mercato degli smartphone entro il 2020.
Più precisamente, secondo gli analisti Huawei in Italia nel terzo trimestre ha raggiunto la quota del 27,3% del mercato, con un aumento-monstre del 15,2% rispetto a dodici mesi fa; parallelo il crollo di Samsung, che ha lasciato sul campo il 40%, scendendo al 24,7%.
C’è però chi contesta questi dati: la stessa Samsung, per la quale infatti il sorpasso in realtà non c’è stato. A parlare è stato Carlo Barlocco, presidente di Samsung Electronics in Italia: «I dati Kantar ci sorprendono ma non li riteniamo rilevanti. Siamo dal 2011 i leader indiscussi del mercato smartphone in Italia, leadership che si conferma anche nel terzo trimestre 2016, con una quota di mercato del 40% secondo i dati Gfk, istituto di ricerca di riferimento del mercato».
Una stima ritenuta poco attendibile, insomma, anche se è indubbio che l’affaire Note 7 sia stato davvero un brutto colpo per l’immagine di Samsung, che comunque è già al lavoro sul Note 8. Anche da un punto di vista “green”, infatti, il fallimento del phablet sudcoreano potrebbe presentare un corso salatissimo: secondo Greenpeace, il danno ambientale è dietro l’angolo, considerando che questi modelli sono letteralmente zeppi di materiali potenzialmente pericolosi o difficili da smaltire come cobalto e tungsteno, per un totale di 28 container di rifiuti tossici.
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