La banda larga italiana non avrà più i soldi del dividendo digitale

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In questi giorni assistiamo a un nuovo passo indietro da parte dell’Italia rispetto alla direzione dello sviluppo e dell’innovazione: il cosiddetto “tesoretto” derivante dalla recente, fruttuosa, vendita all’asta delle frequenze per l’LTE, non sarà più destinato a finanziare il settore delle telecomunicazioni italiano e in particolare quello della banda larga, come invece era in progetto.

L’asta è stato un vero successo, oltre ogni più rosea aspettativa: gli introiti derivati hanno toccato i 4 miliardi di euro, e alla vigilia si era stabilito che il 50% delle eventuali maggiori entrate rispetto alla stima, che in questo caso corrispondono a 1.6 miliardi, sarebbe dovuto andare al broad band italiano. Dunque, ben 800 milioni di euro: una buona boccata d’ossigeno per una rete, quella italiana, che a detta dei principali enti preposti alla valutazione è agli ultimi posti per banda larga, infrastrutture, ed efficienza. Ora che lo Stato ha deciso di destinare tutta questa eccedenza di introiti al Ministero dell’Economia per altri fini, e non più a quello dello Sviluppo Economico, si ha la netta sensazione di aver perso l’ennesima occasione per rimettersi in carreggiata.

Il mondo delle telecomunicazioni e Internet si evolvono costantemente verso nuovi servizi, nuove funzionalità, nuove opportunità, e questo vuol dire progresso e sviluppo per le imprese, l’università, la ricerca. Ma tutte queste cose richiedono banda larga e nuove infrastrutture, senza le quali non si va da nessuna parte.

 


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